Non si può limitare la responsabilità dello Stato ai soli casi di dolo o colpa grave (Corte di Giustizia del 24 novembre 2011)
È contraria al diritto
dell’Unione la legge italiana sulla responsabilità civile dei magistrati per i
danni arrecati ai singoli a seguito di violazione del diritto medesimo.
L’esclusione ovvero la limitazione della responsabilità dello Stato ai casi di
dolo o di colpa grave è contraria al principio generale di responsabilità degli
Stati membri per violazione del diritto dell’Unione da parte di un organo
giurisdizionale di ultimo grado.
Fonte:
www.leggioggi.it
Lo
ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con una sentenza (causa
C-379/10, 24 novembre 2011) che critica
fortemente la legge italiana 117/88 sul risarcimento dei danni cagionati
nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei
magistrati.
Il diritto dell’Unione impone
infatti agli Stati membri di risarcire i danni arrecati ai singoli a seguito di
violazioni del diritto dell’Unione ad essi imputabili, a prescindere
dall’organo da cui tale danno sia scaturito
– principio che trova parimenti applicazione nel caso in cui la violazione sia
commessa dal potere giudiziario.
La
necessità di garantire ai singoli una protezione giurisdizionale effettiva dei
diritti che il diritto dell’Unione conferisce loro implica che la
responsabilità dello Stato possa sorgere
per violazione del diritto dell’Unione
risultante dall’interpretazione di norme di diritto da parte di un organo
giurisdizionale di ultimo grado.
Nel
caso di specie, la Commissione Ue, che ha promosso il contenzioso, sosteneva
che la legge italiana sul risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle
funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati (Legge 13
aprile 1988, n. 117) fosse incompatibile con la giurisprudenza della Corte di
giustizia relativa alla responsabilità degli Stati membri per violazione del
diritto dell’Unione da parte di un proprio organo giurisdizionale di ultimo
grado.
La
Commissione contestava all’Italia, da un lato, di avere escluso qualsiasi
responsabilità dello Stato per i danni causati a singoli qualora la violazione
del diritto dell’Unione derivi da un’interpretazione di norme di diritto o
dalla valutazione di fatti e di prove effettuata da un siffatto organo e,
dall’altro, di aver limitato, in casi diversi dall’interpretazione di norme di
diritto o dalla valutazione di fatti e di prove, la possibilità di invocare
tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave.
La
Corte rileva anzitutto che la legge italiana esclude in via generale la
responsabilità dello Stato nei settori dell’interpretazione del diritto e della
valutazione di fatti e di prove.
Come
la Corte ha già avuto modo di affermare in pronunce precedenti, il diritto
dell’Unione osta ad una esclusione generale della responsabilità dello Stato
per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto
dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado qualora tale
violazione risulti dall’interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione
di fatti e di prove operata dall’organo medesimo.
In
particolare, la Corte rileva che l’Italia non ha dimostrato che la normativa
italiana venga interpretata dai giudici nazionali nel senso di porre un
semplice limite alla responsabilità dello Stato e non nel senso di escluderla.
La
Corte precisa che uno Stato membro è tenuto al risarcimento dei danni arrecati
ai singoli per violazione del diritto dell’Unione da parte dei propri organi in
presenza di tre condizioni: la norma giuridica violata dev’essere preordinata a
conferire diritti ai singoli, la violazione dev’essere sufficientemente
caratterizzata e tra la violazione dell’obbligo incombente allo Stato e il
danno subìto dal soggetto leso deve sussistere un nesso causale diretto.
La
responsabilità dello Stato per i danni causati dalla decisione di un organo
giurisdizionale nazionale di ultimo grado è disciplinata dalle stesse
condizioni. In tal senso, una «violazione sufficientemente caratterizzata della
norma di diritto» si realizza quando il giudice nazionale ha violato il diritto
vigente in maniera manifesta. Il diritto nazionale può precisare la natura o il
grado di una violazione che implichi la responsabilità dello Stato ma non può,
in nessun caso, imporre requisiti più rigorosi.
I
giudici europei rilevano come la Commissione abbia fornito sufficienti elementi
volti a provare che la condizione della «colpa grave», prevista dalla legge
italiana, come interpretata dalla Corte di Cassazione italiana, si risolva nell’imporre
requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di «violazione
manifesta del diritto vigente». Per contro, l’Italia non è stata in grado di
provare che l’interpretazione di tale legge ad opera dei giudici italiani sia
conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia.
In
conclusione, la Corte ossercva che la normativa italiana, laddove esclude
qualsiasi responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione da
parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado, qualora tale violazione
derivi dall’interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e
di prove effettuate dall’organo giurisdizionale medesimo, e laddove limita tale
responsabilità ai casi di dolo o di colpa grave, è in contrasto con il principio
generale di responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto
dell’Unione.
Ora
l’Italia dovrà uniformarsi alla sentenza, pena l’applicazione di sanzioni
economiche da parte dell’Unione Europea.
Qui
il testo integrale della sentenza.
Fonte:
www.leggioggi.it
Nessun commento:
Posta un commento